LAZZARO SPALLANZANI (1771-1799)

Restauro conservativo e ricostruttivo di alcuni reperti appartenente ai primi esemplari del Museo di Storia Naturale di Lazzaro Spallanzani (1771-1799).

Gli interventi eseguiti sono stati orientati prioritariamente a tutelare i reperti migliorandone lo stato di conservazione. Il secondo obiettivo è stato il miglioramento delle condizioni ostensive dei preparati, in vista della loro esposizione presso il nuovo Museo di Storia Naturale “Kosmos” dell’Università di Pavia inaugurato nel 2019.

 

INDICE DEGLI INTERVENTI

SQUALO MAKO - Stato di conservazione
SQUALO MAKO - Interventi di restauro
IPPOPOTAMO - Stato di conservazione
IPPOPOTAMO - Interventi di restauro
TURSIOPE - Stato di conservazione
TURSIOPE - Interventi di restauro
LEONE DI BARBERIA - Stato di conservazione
LEONE DI BARBERIA - Interventi di restauro

SQUALO MAKO (Isurus oxyrinchus)
Esemplare del 1790, proveniente dallo Stretto di Messina. Su questo esemplare Spallanzani fece alcuni studi sulla circolazione sanguigna.

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STATO DI CONSERVAZIONE DEL REPERTO

Il reperto si presentava generalmente poco sporco. Nella porzione superiore del corpo, negli interstizi tra le fessure branchiali e all’interno della bocca
si sono riscontrati i maggiori accumuli di polvere.





Lo strato di materiale colorato di rosso, compatibile con carta/cartone, posto all’interno delle fessure branchiali si presentava ampiamente danneggiato,
distaccato o completamente mancante.



Il reperto si presentava molto danneggiato in diversi punti. Risultava il distacco di numerose vecchie stuccature, erano presenti diverse gravi fessurazioni
in testa, sul dorso, alla base della pinna caudale e sul ventre.



Le pinne pettorali erano visibilmente mobili e parzialmente staccate dal corpo.







SQUALO MAKO (Isurus oxyrinchus)

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INTERVENTI DI RESTAURO

Lo strato di polvere presente sul reperto è stato rimosso mediante aspiratore e un getto controllato di aria compressa. Poi si è proceduto con la
rimozione dello sporco mediante l’utilizzo di un solvente polare quale H2O e tensioattivo neutro.



Particolare attenzione è stata dedicata alla pulizia della bocca e dei denti, svolta sia con una soluzione di acqua e sapone neutro sia con alcool
denaturato a 94°, per facilitare la rimozione meccanica dello sporco incrostato.





Il pessimo stato di conservazione delle branchie comprometteva sensibilmente il valore ostensivo del reperto stesso. Pertanto, dopo una serie di prove
e valutazioni, in accordo con il personale del Museo, è stato deciso di proteggete quanto rimaneva dello strato di carta/cartone verniciato originale
e rivestire con un tessuto sintetico di colore rosso antico.



Il fissaggio delle pinne pettorali e caudale, mobili e parzialmente staccate dal corpo, si è rivelato un intervento lungo e delicato. In una prima fase
si è provveduto a rimuovere le vecchie stuccature effettuate durante il restauro del 1996, in quanto ormai compromesse e non più in grado
di sostenere le pinne.
Dopo questa operazione si è passato al consolidamento interno delle basi delle pinne, mediante l’impiego di viti in acciaio e di colla vinilica.



In seguito le basi delle pinne sono state nuovamente stuccate, prima con un composto a base di omopolimero acetovinilico e fibre di cellulosa,
preparato artigianalmente in laboratorio, con un alto potere legante (stuccatura di profondità).







Successivamente una stuccatura superficiale di dettaglio, realizzata con pasta modellabile auto indurente, che si raccordasse con la pelle del reperto.
Procedura analoga è stata impiegata per il consolidamento e la ricostruzione della frattura presente alla base della coda.



Infine si è passati alla colorazione di tutte le stuccature con l’impiego di colori ad acqua e pigmenti idrosolubili, riproducendo minuziosamente il colore
e le marezzature della pelle del preparato.










IPPOPOTAMO (Hippopotamus amphibius)
Gia presente nel 1627 nella "Celeste Galeria" dei Gonzaga (Mantova), l'esemplare è stato catturato nel 1600 sul Delta del Nilo.

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STATO DI CONSERVAZIONE DEL REPERTO

Il reperto si presentava in generale solo impolverato, mentre era particolarmente sporco all’interno della bocca e delle narici.
Il reperto si presentava danneggiato in diversi punti, numerose vecchie stuccature che si sono staccate, in particolare sulla testa,
intorno agli occhi, sulle zampe e nel sotto coda.









Dettaglio del muso che permette di vedere le numerose fratture e fessurazioni presenti in quest’area.


IPPOPOTAMO (Hippopotamus amphibius)

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INTERVENTI DI RESTAURO

Lo strato di polvere presente sul reperto è stato rimosso facilmente un getto controllato di aria compressa. Mentre ha richiesto una pulizia più
approfondita sia l’interno delle narici sia della bocca, effettuata per mezzo di spugne e pennelli a setole morbide.









La fase successiva ha previsto il consolidamento di tutte le porzioni di pelle instabili e delle stuccature ancora integre ma non più solidali col reperto.



Si è poi cominciato il lento e meticoloso lavoro di stuccatura, reso ancora più complesso dall’elevato valore storico-scientifico di questo particolare
reperto, che oltre ai danni causati dal tempo, porta su di se i segni di una storia lunga centinaia di anni e ancora da ricostruire interamente con precisione.
Pertanto, in accordo con il personale del museo, ogni segno o apertura nella pelle che non fosse ritenuto compatibile con un danno causato dal tempo
o dall’incuria, non è stato in alcun modo camuffato o alterato.



Dettaglio della bocca che permette di vedere le stuccature di consolidamento prima della loro colorazione.



Infine si è passati alla colorazione delle stuccature con colori e pigmenti idrosolubili, avendo cura di raccordarsi al colore del reperto riproducendone
le sfumature, senza alterarne la superficie originale.



Dettaglio della bocca (una delle aree più gravemente danneggiate) dopo l’intervento di restauro.



Per le lacerazioni ampie e profonde è stata eseguita una stuccatura riempitiva su una retina sintetica di sostegno che permette anche di tenere isolata
la stuccatura dall'imbottitura interna.







Per aumentare le informazioni disponibili sull’esemplare tassidermizzato, ci siamo serviti di un endoscopio per esplorare l’interno del reperto,
con lo scopo di verificarne il contenuto e l’eventuale presenza di varchi che consentissero di accedere a sezioni più interne della struttura.
Le aperture oggetto dell’analisi sono state le narici e il foro dorsale. L’esplorazione delle ampie narici ha rilevato che esse non sono in comunicazione
con altre parti del reperto e che al loro interno era presente una sorta di cartoncino verniciato di rosso che probabilmente rivestiva l’interno delle narici.
Mentre l’esplorazione del foro dorsale ha consentito di osservare una cavità chiusa, profonda meno di 10 centimetri con pareti composte di paglia
e fibre vegetali pressate. All’interno della cavità, sono stati individuati ed estratti otto frammenti di carta ingiallita, alcuni dei quali riportavano
dei caratteri vergati a mano con la china. Tutto il materiale estratto è stato consegnato al personale del museo.





Ultime finiture prima dell'esposizione.

TURSIOPE (Tursiops truncatus)

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STATO DI CONSERVAZIONE DEL REPERTO

Il reperto si presentava molto sporco a causa della presenza di grasso che ha favorito l’accumulo e la fissazione della polvere sul reperto.
Inoltre era evidente la perdita del colore della pelle, diffusa soprattutto sulla porzione dorsale, a causa dell’essudazione di grasso.



Il reperto si presentava danneggiato in diversi punti con tagli, fessurazioni e distacco di porzioni epidermiche.
Anche per questo campione le pinne pettorali erano mobili e più o meno staccate dal corpo.



In particolare il campione presentava un’ampia rottura con cedimento della pelle compresa tra la base della testa e l’attaccatura delle pinne,
in corrispondenza del punto di appoggio con la base lignea di sostegno.






TURSIOPE (Tursiops truncatus)

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INTERVENTI DI RESTAURO

Dopo la rimozione dello strato di polvere superficiale, si è proceduto con la rimozione dello sporco che aderiva o era inglobato dallo strato di grasso
appiccicoso essudato dal reperto. La superfice del preparato è stata quindi pulita con numerosi passaggi di esano denaturato fino a eliminare lo strato
di grasso che la ricopriva.



L’intervento più complesso ha riguardato la crepa della pinna sinistra, ciclicamente stuccata senza un corretto riposizionamento.
Pertanto una volta rimosso l’eccesso di materiale, la pelle è stata parzialmente ammorbidita, ripiegata in una posizione più coerente e fissata
con colla vinilica e alcuni chiodini di rinforzo.



Una volta che tutto è stato fissato e consolidato si è proceduto con la stuccatura riempitiva di tutte le crepe profonde. Completata questa fase
si è proceduto con una stuccatura superficiale, effettuata con una pasta modellabile auto indurente, che riproducesse la texture della pelle del cetaceo.









Alla fine si è passati alla colorazione di tutte le stuccature in modo da raccordarle con il colore del reperto e infine sono state ricolorate a tampone
tutte le porzioni di pelle il cui colore si era perso per via della fuoriuscita del grasso dalla pelle. Tutte le colorazioni sono state effettuate utilizzando
colori e pigmenti solubili in acqua.













LEONE DI BARBERIA (Panthera leo leo)
Sottospecie diffusa nel Nord Africa, si estinse in natura nel 1942. Gli esemplari del museo (maschio e femmina) sono del 1812.

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STATO DI CONSERVAZIONE DEL REPERTO

Il reperto si presentava solo leggermente impolverato, il naso e le lebbra risultavano fratturate in più punti.







I danni più evidenti si riferivano a porzioni di arti mancanti, in alcune zampe mancavano totalmente le dita.




LEONE DI BARBERIA (Panthera leo leo)

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INTERVENTI DI RESTAURO

È stato eseguito l’incollaggio con colla vinilica delle due porzioni di naso rotte e distaccate. Si è poi passati al consolidamento delle labbra in gesso,
fratturate e instabili, e si è provveduto alla stuccatura, ricostruendo le parti anatomiche mancanti.





Gli interventi più complessi hanno riguardato la realizzazione delle protesi anatomiche per la ricostruzione delle dita delle zampe.
Preliminarmente si è proceduto con l’incollaggio e il fissaggio di tutte le porzioni mobili delle zampe.





Poi si è proceduto con la costruzione delle protesi delle dita. L’anima delle protesi è stata scolpita in polietilene espanso, sopra è stato incollato
uno strato di pelliccia sintetica opportunamente tinta e sfumata per riprodurre quanto più fedelmente possibile la pelliccia del leone.







Le zampe prima e dopo gli interventi.







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